OLMO E BETULLA
Olmo e Betulla si erano conosciuti da
piccoli, l’età di noi umani quando andiamo per la prima volta all'asilo e non
abbiamo ancora radici abbastanza solide conficcate su questa benedetta nostra
terra.
Li aveva
fatti incontrare Giuseppe, il giardiniere della villa comunale del paese,
vicino c’era un vecchio edificio abbandonato che un tempo era stata una
filanda, il sindaco era riuscito ad espropriarla per allargare la villa e farne
un parco giochi per i bambini del paese che nel frattempo si era allargato a
dismisura.
L’edificio
era stato abbattuto e avevano salvato solo la ruota che si immergeva nel
ruscello che passava di fianco alla fabbrica e che serviva per far girare gli
ingranaggi delle macchine della filanda, questo era un sistema molto usato
fin dall'antichità, quando non avevano
ancora inventato il motore a scoppio e l’elettricità.
Giuseppe era
stato incaricato di sistemare il terreno che si era liberato dai ruderi della
casa e, proprio vicino alla ruota, (che nel frattempo avevano restaurato con
l’intenzione di farla funzionare ancora, per far vedere ai bambini come si
faceva a produrre energia dall'acqua, collegando gli ingranaggi ad una giostra)
aveva pensato di piantare due alberi che crescendo, con la loro chioma,
avrebbero fatto ombra alla giostra e aveva scelto Olmo e Betulla quando era
andato dal vivaista.
Olmo e
Betulla, erano nati una mattina di primavera di tre anni prima, a dire il vero
non erano nati lo stesso giorno, il vivaista non si era accorto, ma assieme ai
semi di olmo si era intrufolato quel semino di betulla, chissà, forse portata
dal vento o forse era stato il destino, fatto sta che, dopo alcuni giorni dalla
nascita di Olmo, il vivaista stava già
togliendo il vasetto per sostituirlo, visto che tutti gli altri semi erano
germogliati, ma nel muoverlo, la terra si scostò un pochino e Betulla apparve
con la sua prima fogliolina, non si accorse che era diversa, perché le prime
foglioline sono quasi tutte uguali nelle specie vegetali, quindi lasciò il
vasetto al suo posto che era di fianco ad Olmo e lì crebbero insieme,
fogliolina dopo fogliolina, in mezzo ad altri vasetti, a dire il vero Olmo dopo
il primo anno, si era accorto della differenza delle foglie di Betulla e
proprio per questo si era affezionato a Lei
più di tutte le altre piantine, era più esile e proprio per questo
incuteva più tenerezza, l’aveva presa sotto la sua protezione, quando d’inverno
soffiava il maestrale alla sua destra, con la sua piccola chioma cercava di
proteggere Betulla che era alla sua sinistra o, l’estate quando il vivaista
apriva il rubinetto per l’irrigazione a pioggia, Olmo si spostava un po’ per
far arrivare le prime gocce d’acqua a Betulla per rinfrescarsi dopo un giorno
di sole. Betulla si era accorta delle attenzione di Olmo e, ogni tanto, senza
farsi accorgere, approfittando di qualche leggera brezza di vento, una sua
fogliolina andava ad accarezzare un rametto di Olmo.
Qui il
destino per forza deve averci messo la mano, altrimenti Giuseppe come avrebbe
fatto a scegliere proprio loro due? O
forse pensò di stupire i ragazzi che avrebbero frequentato la giostra,
facendo crescere questi due alberi, leggermente diversi, a dimostrare che,
anche se diversi si può crescere insieme in armonia dividendo lo stesso spazio,
respirando la stessa aria, dividendo lo stesso cibo e bevendo la stessa acqua?
Ecco, deve essere stato questo il motivo principale che ha spinto Giuseppe a sceglierli,
infatti, scelse i due vasetti con Olmo e Betulla. Lei, quando Giuseppe prese
per primo Olmo, per portarlo in macchina, si sentì disperata: e se non avesse
preso anche Lei? Cosa avrebbe fatto
senza di Lui? Invece lo vide
avvicinarsi, chinarsi verso di Lei e sollevarla di scatto facendo ondeggiare le
sue foglie, come capelli al vento di primavera, adesso era felice davvero.
Lo spiazzo
vicino alla ruota era grande, Giuseppe fece una sola buca nel terreno,
abbastanza grande da farli stare assieme, ad una distanza di meno di un metro
uno dall'altra, li sistemò per bene, mise del concime mescolato alla terra,
innaffiò bene in modo che non avessero sofferto per il trapianto e tornò a
casa.
Adesso erano
rimasti soli, fianco a fianco, non potevano far finta di ignorarsi come quando
erano in mezzo a tutti gli altri, anche se nello spiazzo sembravano piccoli,
erano cresciuti, adesso erano alti più di un metro, fu come se una brezza
venisse da tramontana e un’altra spirasse
dalla parte opposta di scirocco, le loro
chiome si toccarono e, quello fu il primo vero contatto.
Passarono i
mesi e gli anni, adesso il parco era finito, la giostra l’avevano collegata
alla ruota e, di domenica, Giuseppe apriva la chiusa che immetteva l’acqua nel
canale che passava sotto la ruota, facendola girare dolcemente e, con essa
girava la giostra che si riempiva di bambini, Olmo e Betulla erano felici,
adesso erano grandi abbastanza, i loro rami cominciavano a sfiorarsi anche in
assenza di vento, avevano ancora due chiome distinte una dall'altra, era estate
inoltrata e i loro rami per quest’anno non sarebbero più cresciuti ma, la
prossima primavera avrebbero dovuto decidere dove far crescere nuovi rami, lo
spazio era quello che era e poi erano stati messi lì proprio per dividersi
quello spazio.
Ora era
tornato l’inverno, era arrivata la prima neve e quella notte ne venne
parecchia, arrivava quasi a coprire le panchine di legno dove nei giorni di
sole venivano i bambini con i loro nonni, la giostra era chiusa con un tendone
e si vedeva solo la cupola che aveva formato la neve come a proteggerla, Olmo e
Betulla videro che anche sopra di loro di era formata come una cupola con la
neve e si sentirono come protetti, come se stessero sotto lo stesso tetto.
Quando
arrivò la primavera e i primi germogli arano lì
per spuntare si accorsero che dove erano a fianco a fianco, non c’era
più posto per altri germogli, erano abbastanza alti da vedere sotto di loro la
cupola della giostra, e ad un tratto si ricordarono della neve che aveva
formato un solo tetto sopra di loro e questo era stato anche utile, si erano
sentiti protetti e pensarono: perché non creare una sola chioma come la cupola
della giostra? Si sarebbero protetti dal sole nei giorni di calura, dalla
pioggia quando pioveva per giorni interi, dalla neve come l’inverno scorso, ma
come fare? Non c’era che un modo per farlo: ognuno dei due, doveva rinunciare a
metà dello spazio a loro disposizione, non fu difficile realizzare questo,
stavano crescendo assieme, bastava non emettere germogli nella parte in comune
e rinforzare la parte esterna in modo da creare un ombrello ancora più grande.
Adesso che
sono passati parecchi anni dalla costruzione del parco giochi, i bambini di
allora sono cresciuti, sono diventati nonni a loro volta e portano i loro
nipotini sulla giostra che instancabile gira trainata dalla forza dell’acqua.
Uno di loro si sofferma a guardare quello strano albero con due tronchi ed un
sola chioma bicolore che è la meraviglia di tutto il paese, loro non sanno come
sia potuto accadere, ma Lui sì e, lo spiega alla sua nipotina che si affaccia
ora alla vita. Lui ha visto crescere
quello strano albero, Lui sa che ognuno dei due alberelli ha dovuto cedere metà
spazio all'altro ed è stato possibile solo perché sono cresciuti assieme, anno
dopo anno, ramo dopo ramo, foglia dopo foglia e, sa benissimo che se per caso
uno dei due dovesse morire, l’altro non sopravvivrebbe.
F.D.G.
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