venerdì 13 novembre 2015

Olmo e betulla

        OLMO E BETULLA                                                                              


  Olmo e Betulla si erano conosciuti da piccoli, l’età di noi umani quando andiamo per la prima volta all'asilo e non abbiamo ancora radici abbastanza solide conficcate su questa benedetta nostra terra.
  Li aveva fatti incontrare Giuseppe, il giardiniere della villa comunale del paese, vicino c’era un vecchio edificio abbandonato che un tempo era stata una filanda, il sindaco era riuscito ad espropriarla per allargare la villa e farne un parco giochi per i bambini del paese che nel frattempo si era allargato a dismisura.
  L’edificio era stato abbattuto e avevano salvato solo la ruota che si immergeva nel ruscello che passava di fianco alla fabbrica e che serviva per far girare gli ingranaggi delle macchine della filanda, questo era un sistema molto usato fin  dall'antichità, quando non avevano ancora inventato il motore a scoppio e l’elettricità.
  Giuseppe era stato incaricato di sistemare il terreno che si era liberato dai ruderi della casa e, proprio vicino alla ruota, (che nel frattempo avevano restaurato con l’intenzione di farla funzionare ancora, per far vedere ai bambini come si faceva a produrre energia dall'acqua, collegando gli ingranaggi ad una giostra) aveva pensato di piantare due alberi che crescendo, con la loro chioma, avrebbero fatto ombra alla giostra e aveva scelto Olmo e Betulla quando era andato dal vivaista.
  Olmo e Betulla, erano nati una mattina di primavera di tre anni prima, a dire il vero non erano nati lo stesso giorno, il vivaista non si era accorto, ma assieme ai semi di olmo si era intrufolato quel semino di betulla, chissà, forse portata dal vento o forse era stato il destino, fatto sta che, dopo alcuni giorni dalla nascita di  Olmo, il vivaista stava già togliendo il vasetto per sostituirlo, visto che tutti gli altri semi erano germogliati, ma nel muoverlo, la terra si scostò un pochino e Betulla apparve con la sua prima fogliolina, non si accorse che era diversa, perché le prime foglioline sono quasi tutte uguali nelle specie vegetali, quindi lasciò il vasetto al suo posto che era di fianco ad Olmo e lì crebbero insieme, fogliolina dopo fogliolina, in mezzo ad altri vasetti, a dire il vero Olmo dopo il primo anno, si era accorto della differenza delle foglie di Betulla e proprio per questo si era affezionato a Lei  più di tutte le altre piantine, era più esile e proprio per questo incuteva più tenerezza, l’aveva presa sotto la sua protezione, quando d’inverno soffiava il maestrale alla sua destra, con la sua piccola chioma cercava di proteggere Betulla che era alla sua sinistra o, l’estate quando il vivaista apriva il rubinetto per l’irrigazione a pioggia, Olmo si spostava un po’ per far arrivare le prime gocce d’acqua a Betulla per rinfrescarsi dopo un giorno di sole. Betulla si era accorta delle attenzione di Olmo e, ogni tanto, senza farsi accorgere, approfittando di qualche leggera brezza di vento, una sua fogliolina andava ad accarezzare un rametto di Olmo.
  Qui il destino per forza deve averci messo la mano, altrimenti Giuseppe come avrebbe fatto a scegliere proprio loro due? O  forse pensò di stupire i ragazzi che avrebbero frequentato la giostra, facendo crescere questi due alberi, leggermente diversi, a dimostrare che, anche se diversi si può crescere insieme in armonia dividendo lo stesso spazio, respirando la stessa aria, dividendo lo stesso cibo e bevendo la stessa acqua? Ecco, deve essere stato questo il motivo principale che ha spinto Giuseppe a sceglierli, infatti, scelse i due vasetti con Olmo e Betulla. Lei, quando Giuseppe prese per primo Olmo, per portarlo in macchina, si sentì disperata: e se non avesse preso anche Lei? Cosa avrebbe fatto  senza  di Lui? Invece lo vide avvicinarsi, chinarsi verso di Lei e sollevarla di scatto facendo ondeggiare le sue foglie, come capelli al vento di primavera, adesso era felice davvero.
  Lo spiazzo vicino alla ruota era grande, Giuseppe fece una sola buca nel terreno, abbastanza grande da farli stare assieme, ad una distanza di meno di un metro uno dall'altra, li sistemò per bene, mise del concime mescolato alla terra, innaffiò bene in modo che non avessero sofferto per il trapianto e tornò a casa.
  Adesso erano rimasti soli, fianco a fianco, non potevano far finta di ignorarsi come quando erano in mezzo a tutti gli altri, anche se nello spiazzo sembravano piccoli, erano cresciuti, adesso erano alti più di un metro, fu come se una brezza venisse da tramontana  e un’altra spirasse dalla parte opposta  di scirocco, le loro chiome si toccarono e, quello fu il primo vero contatto.
 
  Passarono i mesi e gli anni, adesso il parco era finito, la giostra l’avevano collegata alla ruota e, di domenica, Giuseppe apriva la chiusa che immetteva l’acqua nel canale che passava sotto la ruota, facendola girare dolcemente e, con essa girava la giostra che si riempiva di bambini, Olmo e Betulla erano felici, adesso erano grandi abbastanza, i loro rami cominciavano a sfiorarsi anche in assenza di vento, avevano ancora due chiome distinte una dall'altra, era estate inoltrata e i loro rami per quest’anno non sarebbero più cresciuti ma, la prossima primavera avrebbero dovuto decidere dove far crescere nuovi rami, lo spazio era quello che era e poi erano stati messi lì proprio per dividersi quello spazio.
  Ora era tornato l’inverno, era arrivata la prima neve e quella notte ne venne parecchia, arrivava quasi a coprire le panchine di legno dove nei giorni di sole venivano i bambini con i loro nonni, la giostra era chiusa con un tendone e si vedeva solo la cupola che aveva formato la neve come a proteggerla, Olmo e Betulla videro che anche sopra di loro di era formata come una cupola con la neve e si sentirono come protetti, come se stessero sotto lo stesso tetto.
  Quando arrivò la primavera e i primi germogli arano lì  per spuntare si accorsero che dove erano a fianco a fianco, non c’era più posto per altri germogli, erano abbastanza alti da vedere sotto di loro la cupola della giostra, e ad un tratto si ricordarono della neve che aveva formato un solo tetto sopra di loro e questo era stato anche utile, si erano sentiti protetti e pensarono: perché non creare una sola chioma come la cupola della giostra? Si sarebbero protetti dal sole nei giorni di calura, dalla pioggia quando pioveva per giorni interi, dalla neve come l’inverno scorso, ma come fare? Non c’era che un modo per farlo: ognuno dei due, doveva rinunciare a metà dello spazio a loro disposizione, non fu difficile realizzare questo, stavano crescendo assieme, bastava non emettere germogli nella parte in comune e rinforzare la parte esterna in modo da creare un ombrello ancora più grande.
   Adesso che sono passati parecchi anni dalla costruzione del parco giochi, i bambini di allora sono cresciuti, sono diventati nonni a loro volta e portano i loro nipotini sulla giostra che instancabile gira trainata dalla forza dell’acqua. Uno di loro si sofferma a guardare quello strano albero con due tronchi ed un sola chioma bicolore che è la meraviglia di tutto il paese, loro non sanno come sia potuto accadere, ma Lui sì e, lo spiega alla sua nipotina che si affaccia ora alla vita. Lui  ha visto crescere quello strano albero, Lui sa che ognuno dei due alberelli ha dovuto cedere metà spazio all'altro ed è stato possibile solo perché sono cresciuti assieme, anno dopo anno, ramo dopo ramo, foglia dopo foglia e, sa benissimo che se per caso uno dei due dovesse morire, l’altro non sopravvivrebbe.
F.D.G.



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