venerdì 13 novembre 2015

Luisa

                                    Il sogno di Luisa

Quella mattina Luisa si era svegliata molto presto, aveva fatto un brutto sogno: correva in una strada di campagna, una campagna non ben identificata, aveva delle stradine in terra battuta piene di polvere ed ai fianchi della stradina dove Lei correva c’erano dei campi di grano maturo pronti per essere mietuti, ed infatti quello che la faceva correre era un grosso marchingegno, Lei non poteva vederlo perché la nuvola di polvere che sollevava ne nascondeva le fattezze, ma doveva certamente essere una grossa mietitrebbia, Lei non lo sapeva e continuava a correre, ad un certo punto si apriva davanti a se un precipizio e Lei cadeva giù in una voragine che non finiva mai, terrorizzata dalla paura di schiantarsi al suolo cominciava ad agitare le braccia e con sorpresa, si accorgeva di poter volare, si volare come gli uccelli, poteva controllare la caduta , anzi sbattendo le braccia come fossero ali poteva dirigersi a destra o a sinistra, provava a sbatterle ancora più forte e riprendeva quota, risaliva la voragine, era sul campo di grano adesso, poteva vedere bene la mietitrebbia che era entrata nel campo e cominciava il suo lavoro, da un fianco usciva come un ruscello di grano biondo, come i suoi capelli che svolazzavano al vento, e si riversava in un altro mezzo che affiancava la trebbiatrice, era fantastico sotto di se aveva una sterminata pianura che alternava come una scacchiera quadri di terreno giallo dove erano mature le spighe di grano,altri quadri erano verdi, altri ancora scuri per il terreno appena arato. Adesso poteva volare anche senza battere le braccia, evidentemente era così in alto che un vortice di aria più calda la stava sollevando sempre più, in lontananza poteva vedere una massa più scura che si elevava dalla pianura, era una catena montuosa, decise di volare fino a raggiungerla però le cose sotto di se diventavano sempre più piccole, continuava a salire trascinata dal vortice, adesso poteva vedere sotto di sé le montagne ma non le distingueva più dalla pianura, andava sempre più in alto, ebbe paura, provò a virare verso terra ma non ci riusciva, ormai la terra la vedeva come una grossa sfera con gli orizzonti lontani. Oddio e se stava volando in cielo, se sfracellandosi al suolo era morta ed ora era solo un angioletto che volava verso il cielo, si sentiva come felice, in cielo forse avrebbe incontrato sua madre, che era morta qualche anno prima, questo pensiero la rendeva euforica, poterla riabbracciare, risentire il caldo affetto di quelle braccia, l’odore inconfondibile che emana una madre al contatto dei suoi cuccioli. Quante volte aveva desiderato farlo e, adesso si stava realizzando tutto? E, se invece in cielo gli angioletti non possono abbracciare nessuno?, se il loro compito lassù e solo quello di far felici gli altri e di non pensare a se stessi? Cominciò ad aver paura ancora, le prese una grande tristezza, pensò a suo padre che era l’unica cosa che le era rimasta sulla terra, l’unico che la sera le poteva dare il bacio prima di addormentarsi, no non poteva essere morta, non poteva, non poteva, non poteva, cominciava a battere le braccia, batteva, batteva, batteva,……..ed è così che si era svegliata quella mattina, tutta sudata, seduta sul letto che agitava le braccia, impaurita, delusa, ma, man mano che si risvegliava, felice di essere ancora nel suo letto.



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