venerdì 13 novembre 2015

Olmo e betulla

        OLMO E BETULLA                                                                              


  Olmo e Betulla si erano conosciuti da piccoli, l’età di noi umani quando andiamo per la prima volta all'asilo e non abbiamo ancora radici abbastanza solide conficcate su questa benedetta nostra terra.
  Li aveva fatti incontrare Giuseppe, il giardiniere della villa comunale del paese, vicino c’era un vecchio edificio abbandonato che un tempo era stata una filanda, il sindaco era riuscito ad espropriarla per allargare la villa e farne un parco giochi per i bambini del paese che nel frattempo si era allargato a dismisura.
  L’edificio era stato abbattuto e avevano salvato solo la ruota che si immergeva nel ruscello che passava di fianco alla fabbrica e che serviva per far girare gli ingranaggi delle macchine della filanda, questo era un sistema molto usato fin  dall'antichità, quando non avevano ancora inventato il motore a scoppio e l’elettricità.
  Giuseppe era stato incaricato di sistemare il terreno che si era liberato dai ruderi della casa e, proprio vicino alla ruota, (che nel frattempo avevano restaurato con l’intenzione di farla funzionare ancora, per far vedere ai bambini come si faceva a produrre energia dall'acqua, collegando gli ingranaggi ad una giostra) aveva pensato di piantare due alberi che crescendo, con la loro chioma, avrebbero fatto ombra alla giostra e aveva scelto Olmo e Betulla quando era andato dal vivaista.
  Olmo e Betulla, erano nati una mattina di primavera di tre anni prima, a dire il vero non erano nati lo stesso giorno, il vivaista non si era accorto, ma assieme ai semi di olmo si era intrufolato quel semino di betulla, chissà, forse portata dal vento o forse era stato il destino, fatto sta che, dopo alcuni giorni dalla nascita di  Olmo, il vivaista stava già togliendo il vasetto per sostituirlo, visto che tutti gli altri semi erano germogliati, ma nel muoverlo, la terra si scostò un pochino e Betulla apparve con la sua prima fogliolina, non si accorse che era diversa, perché le prime foglioline sono quasi tutte uguali nelle specie vegetali, quindi lasciò il vasetto al suo posto che era di fianco ad Olmo e lì crebbero insieme, fogliolina dopo fogliolina, in mezzo ad altri vasetti, a dire il vero Olmo dopo il primo anno, si era accorto della differenza delle foglie di Betulla e proprio per questo si era affezionato a Lei  più di tutte le altre piantine, era più esile e proprio per questo incuteva più tenerezza, l’aveva presa sotto la sua protezione, quando d’inverno soffiava il maestrale alla sua destra, con la sua piccola chioma cercava di proteggere Betulla che era alla sua sinistra o, l’estate quando il vivaista apriva il rubinetto per l’irrigazione a pioggia, Olmo si spostava un po’ per far arrivare le prime gocce d’acqua a Betulla per rinfrescarsi dopo un giorno di sole. Betulla si era accorta delle attenzione di Olmo e, ogni tanto, senza farsi accorgere, approfittando di qualche leggera brezza di vento, una sua fogliolina andava ad accarezzare un rametto di Olmo.
  Qui il destino per forza deve averci messo la mano, altrimenti Giuseppe come avrebbe fatto a scegliere proprio loro due? O  forse pensò di stupire i ragazzi che avrebbero frequentato la giostra, facendo crescere questi due alberi, leggermente diversi, a dimostrare che, anche se diversi si può crescere insieme in armonia dividendo lo stesso spazio, respirando la stessa aria, dividendo lo stesso cibo e bevendo la stessa acqua? Ecco, deve essere stato questo il motivo principale che ha spinto Giuseppe a sceglierli, infatti, scelse i due vasetti con Olmo e Betulla. Lei, quando Giuseppe prese per primo Olmo, per portarlo in macchina, si sentì disperata: e se non avesse preso anche Lei? Cosa avrebbe fatto  senza  di Lui? Invece lo vide avvicinarsi, chinarsi verso di Lei e sollevarla di scatto facendo ondeggiare le sue foglie, come capelli al vento di primavera, adesso era felice davvero.
  Lo spiazzo vicino alla ruota era grande, Giuseppe fece una sola buca nel terreno, abbastanza grande da farli stare assieme, ad una distanza di meno di un metro uno dall'altra, li sistemò per bene, mise del concime mescolato alla terra, innaffiò bene in modo che non avessero sofferto per il trapianto e tornò a casa.
  Adesso erano rimasti soli, fianco a fianco, non potevano far finta di ignorarsi come quando erano in mezzo a tutti gli altri, anche se nello spiazzo sembravano piccoli, erano cresciuti, adesso erano alti più di un metro, fu come se una brezza venisse da tramontana  e un’altra spirasse dalla parte opposta  di scirocco, le loro chiome si toccarono e, quello fu il primo vero contatto.
 
  Passarono i mesi e gli anni, adesso il parco era finito, la giostra l’avevano collegata alla ruota e, di domenica, Giuseppe apriva la chiusa che immetteva l’acqua nel canale che passava sotto la ruota, facendola girare dolcemente e, con essa girava la giostra che si riempiva di bambini, Olmo e Betulla erano felici, adesso erano grandi abbastanza, i loro rami cominciavano a sfiorarsi anche in assenza di vento, avevano ancora due chiome distinte una dall'altra, era estate inoltrata e i loro rami per quest’anno non sarebbero più cresciuti ma, la prossima primavera avrebbero dovuto decidere dove far crescere nuovi rami, lo spazio era quello che era e poi erano stati messi lì proprio per dividersi quello spazio.
  Ora era tornato l’inverno, era arrivata la prima neve e quella notte ne venne parecchia, arrivava quasi a coprire le panchine di legno dove nei giorni di sole venivano i bambini con i loro nonni, la giostra era chiusa con un tendone e si vedeva solo la cupola che aveva formato la neve come a proteggerla, Olmo e Betulla videro che anche sopra di loro di era formata come una cupola con la neve e si sentirono come protetti, come se stessero sotto lo stesso tetto.
  Quando arrivò la primavera e i primi germogli arano lì  per spuntare si accorsero che dove erano a fianco a fianco, non c’era più posto per altri germogli, erano abbastanza alti da vedere sotto di loro la cupola della giostra, e ad un tratto si ricordarono della neve che aveva formato un solo tetto sopra di loro e questo era stato anche utile, si erano sentiti protetti e pensarono: perché non creare una sola chioma come la cupola della giostra? Si sarebbero protetti dal sole nei giorni di calura, dalla pioggia quando pioveva per giorni interi, dalla neve come l’inverno scorso, ma come fare? Non c’era che un modo per farlo: ognuno dei due, doveva rinunciare a metà dello spazio a loro disposizione, non fu difficile realizzare questo, stavano crescendo assieme, bastava non emettere germogli nella parte in comune e rinforzare la parte esterna in modo da creare un ombrello ancora più grande.
   Adesso che sono passati parecchi anni dalla costruzione del parco giochi, i bambini di allora sono cresciuti, sono diventati nonni a loro volta e portano i loro nipotini sulla giostra che instancabile gira trainata dalla forza dell’acqua. Uno di loro si sofferma a guardare quello strano albero con due tronchi ed un sola chioma bicolore che è la meraviglia di tutto il paese, loro non sanno come sia potuto accadere, ma Lui sì e, lo spiega alla sua nipotina che si affaccia ora alla vita. Lui  ha visto crescere quello strano albero, Lui sa che ognuno dei due alberelli ha dovuto cedere metà spazio all'altro ed è stato possibile solo perché sono cresciuti assieme, anno dopo anno, ramo dopo ramo, foglia dopo foglia e, sa benissimo che se per caso uno dei due dovesse morire, l’altro non sopravvivrebbe.
F.D.G.



Il Sognatore

   Il  sognatore


 Erano gli anni cinquanta del novecento, quando quel bambino, in alcuni suoi versi, scriveva: “con gli occhi in su, vedevo da bambino, le prime scie dei jet solcare il cielo”, Lui in quel momento non poteva che sognare, i sogni non sono mai proibiti, potete privare della libertà fisica una persona, ma la sua mente è sempre libera, aveva undici o dodici anni allora, aveva fatto le elementari e nel paese in cui viveva non c’erano scuole medie, la famiglia non poteva permettersi di mandarlo a scuola in città, doveva fare due km di strada a piedi poi prendere il treno per portarlo  a dieci km di distanza a fare le scuole medie e poi c’era bisogno  del suo aiuto economico.
 Suo padre, una persona dolcissima, aveva già subito l’allontanamento di altri suoi due figli, il primo all’età di diciassette anni si era arruolato nella Marina Militare, aveva dovuto firmare Lui perché era minorenne, la speranza di una carriera militare per il figlio lo aveva convinto a farlo, ma quel figlio non era più tornato da Lui, due anni più tardi era  arrivato un telegramma: Tuo figlio, nel febbraio del 1943, mentre la sua nave si trovava nel porto di Palermo ed  era in libera uscita, veniva sorpreso da un bombardamento aereo ed era rimasto sepolto sotto le macerie di un edificio.
 Questo dramma aveva accompagnato l’esistenza del bambino sognatore, Lui aveva solo 2 anni e sua madre, per la perdita del figlio maggiore era come impazzita, rimproverava il marito di aver firmato per l’arruolamento del figlio, pensate il povero padre in che situazione si trovava.
 Poi anche il secondo figlio aveva deciso di andare via, aveva scelto di arruolarsi nella Guardia di Finanza, il bambino aveva cinque anni, quando quest’altro fratello era andato via, vedeva il padre, quando andava in posta a ritirare le lettere del figlio lontano, tornare con le lacrime agli occhi, da bambino non ci faceva caso ma, diventato grande aveva poi capito perché il padre aveva cercato di trattenere con sé il terzo figlio che era Lui, il sognatore.
 Infatti, finito le elementari gli aveva trovato un posto di lavoro presso uno zio benestante, lavoro nei campi, un lavoro che di solito facevano i grandi, ma lo zio del padre, avaro, per spendere di meno, aveva preso con se quel quasi ancora bambino, affidandogli i lavori nei campi con un mulo che serviva a tutto, da arare i campi, a trasportare le derrate nei raccolti, da far girare il torchio per la pigiatura dell’uva, a trasportare le merci al mercato e, per tre anni è vissuto in compagnia di quel mulo, tornando a casa la sera tardi.
 Quando aveva quindici anni, per fortuna aveva cambiato lavoro, un altro suo parente aveva un’impresa di costruzioni stradali, ed era stato assunto con l’incarico di caricare il camion di materiali, ancora non c’erano ne i ribaltabili ne le pale meccaniche, si faceva tutto a mano e con i badili, nel frattempo aveva quasi dimenticato come si fa a leggere e scrivere, è un’età brutta quella, se andava ancora così, sarebbe stata la sua fine, invece successe che al suo paese erano cominciate le scuole serali, Lui cosi affamato di cultura si era buttato in quell'impresa, per lui era  un divertimento andare a scuola la sera, dopo il lavoro, aveva fatto le medie in due anni, poi aveva frequentato altri due anni una scuola agraria, sempre con risultati sorprendenti, nel frattempo, il fratello che era nella Guardia di Finanza, per un trasferimento aveva lasciato a Lui una moto, con quella aveva assaporato la vera libertà di movimento, con gli amici scorazzavano per tutta la provincia e alla fine aveva fatto anche una scuola meccanica, dove a fine corso rilasciavano la patente di guida.
 Il bambino sognatore, a quel punto, non era più un bambino, il lavoro era saltuario, per averne uno bisognava avere sempre delle conoscenze, di ragazze non se ne parlava neanche, in quella provincia a quell'epoca, per avere una ragazza, ci si doveva per forza fidanzare regolarmente, poteva si conoscerne qualcuna ad una festa, potevano anche simpatizzare, ma per frequentarla doveva passare sempre attraverso il padre della ragazza e, uno spirito libero come Lui non poteva assoggettarsi a quella messa in scena.
 Erano intanto gli anni sessanta, un gran fermento, al nord c’erano possibilità enormi di trovare lavoro, i ragazzi lì non avevamo altra scelta, erano cinque amici, uno di loro aveva uno zio che diceva di avere un’impresa di costruzione (non era vero, faceva arrivare ragazzi dal sud e li mandava a lavorare in nero come manovali nelle imprese di costruzione, come vedete nulla è cambiato, solo che adesso la manovalanza arriva dai paesi extra comunitari).
 Partirono, immaginate il padre come era contento, eppure non gli ha impedito di partire, solo dopo ha immaginato le lacrime del padre, nel vedere le sue lettere, ma a vent'anni questo ancora non lo si sa, la voglia di fare altro, annebbia la coscienza, se poi pensate a quei sogni da bambino, a quella voglia di scoprire il mondo, a quelle scie di aerei supersonici, allora niente può fermarvi. Solo i soldi per il biglietto del treno, qualche spicciolo per un panino e per sopravvivere qualche giorno, trentasei ore di treno e arrivano a Milano, avevano il numero di telefono del famoso zio che doveva aspettarli, telefonano e non lo trovano, sapevano che la destinazione era Monza, prendono un  altro treno e arrivano in stazione a Monza, era sera, il Tizio non rispondeva al telefono, e allora, con le valigie di cartone in mano, si mettono alla ricerca di un alloggio, una pensione speravano di trovarla, il sognatore, con un altro, restano indietro, curioso come era sempre stato, si fermava a guardare la città ,i palazzi, i monumenti, gli altri tre erano davanti, loro chiedevano e tutti rispondevano che non avevano camere libere, hanno fatto il giro della città, i tre vanno dentro l’albergo Stazione e anche lì dicono che non hanno camere, quando arriva Lui con il suo compagno, non immaginano che i tre sono già entrati a chiedere, lascia la valigia fuori della porta ed entra, chiede in perfetto italiano: avete una camera per due persone? Il tizio al bancone quasi si fa in quattro per accompagnarli in camera, evidentemente il suo accento non meridionale, che non ha mai avuto, non sapeva come, (a volte si metteva con il giornale in mano e si inventava articoli che leggeva in perfetto italiano, destando stupore negli amici che lo ascoltavano, fino a quando cominciava a spararle grosse e si accorgevano che la sua fantasia era andata oltre) aveva fatto credere all'albergatore che non erano meridionali e solo per questo gli aveva dato la camera.
Si era accorto allora che c’era discriminazione verso i meridionali, venivano guardati come esseri inferiori, come adesso la maggior parte degli italiani fa con gli estracomunitari, allora gli stranieri erano i meridionali, bastava che venissero dall'oltrepò che erano stranieri, quelli che portavano via il lavoro e non si accorgevano che portavano ricchezza, esattamente come fanno adesso gli stranieri.
Di questo fatto si era accorto anche un certo sig. Bossi, un nullafacente, uno che si spacciava per medico, perché si vergognava di dire al padre che all'università non andava più, alla mattina si metteva il camice bianco e fingeva di andare all'ospedale a lavorare, si accorge che la gente comune non può soffrire i meridionali e cosa fa: si inventa un partito, la gente lo vota e Lui diventa senatore di quella Repubblica della cui bandiera dice di pulirsi il sedere, nel frattempo i meridionali cominciano a diventare veri cittadini che pagano le tasse, Lui ne sposa una , allora si inventa la protesta delle tasse, Roma ladrona, ma  Lui intanto è a Roma, con la sua “Armata Brancaleone” e allora si inventa la secessione, intanto tira avanti con i consensi, quando cominciano a calare si butta sugli stranieri estracomunitari, vedete le storia si ripete.
Il bambino sognatore e fra quelli che con il loro lavoro si sono fatti onore, sposa una del nord, mette su famiglia e il lavoro lo porta ad avere altri sogni, creare benessere per la famiglia i figli, a girare il mondo non ci pensa più, vacanze al mare con la famiglia, con i parenti, fino a quando le figlie ormai grandi non cominciano a dire: ma veramente io vorrei andare in vacanza con le amiche, io vorrei fare una vacanza studio in America, l’altra dice che vorrebbe approfondire il tedesco andando in Germania.
 Allora decide, voi in estate andate dove volete voi in vacanza ed io con la mamma andiamo in inverno a fare le nostre vacanze dove c’è il sole e così cominciano, prima cosa Canarie, l’anno dopo Thailandia, poi in un posto allora sconosciuto nella penisola del Sinai chiamato Sharm El Skeik, l’anno dopo vanno in Cina e avrebbero girato il mondo intero insieme, mettendo in pratica i sogni del bambino, adesso cresciuto, di girare il mondo, se nel frattempo non fosse successa la cosa peggiore che possa capitare ad un sognatore: la morte della donna dei suoi sogni, la sua adorata moglie.
Tragedia completa, neanche l’amore delle figlie può bastare, niente può prendere il posto della donna tua, va in vacanza in Tunisia con un amico, li fanno conoscenza con due amiche anche loro in vacanza come loro, una fa la soccorritrice volontaria sulle ambulanze per il 118 della sua città, lo convince a farlo anche a lui, e si butta in quella impresa che lo fa sentire vicino alle sofferenze altrui, Lui aveva visto in opera i soccorritori, quando per due volte li aveva chiamati per la sua donna, erano stati di una solerzia tale che ne era rimasto felicemente sorpreso.
Poi la vita prende il sopravvento, dopo una parentesi seguita ad un incontro con una donna della quale si era davvero innamorato, ed essersi accorto che non andava bene per lui, perchè stava cercando di farlo allontanare dalle figlie, la lascia e, finalmente incontra la sua attuale compagna, una donna dolcissima, con i suoi stessi interessi, non convivono stabilmente e questo rende più frizzante il loro rapporto, ama anche Lei i viaggi che hanno incominciato a fare insieme, partirono con una crociera sul Nilo, poi ancora Tunisia, Marocco, Spagna, crociere ai Caraibi, Messico, Florida, Cuba, Grecia, Malta, Libia, Cipro, poi ancora Egitto e per ultimo, in ordine di tempo, il Vietnam.
 Il resto alla prossima puntata. 


Luisa

                                    Il sogno di Luisa

Quella mattina Luisa si era svegliata molto presto, aveva fatto un brutto sogno: correva in una strada di campagna, una campagna non ben identificata, aveva delle stradine in terra battuta piene di polvere ed ai fianchi della stradina dove Lei correva c’erano dei campi di grano maturo pronti per essere mietuti, ed infatti quello che la faceva correre era un grosso marchingegno, Lei non poteva vederlo perché la nuvola di polvere che sollevava ne nascondeva le fattezze, ma doveva certamente essere una grossa mietitrebbia, Lei non lo sapeva e continuava a correre, ad un certo punto si apriva davanti a se un precipizio e Lei cadeva giù in una voragine che non finiva mai, terrorizzata dalla paura di schiantarsi al suolo cominciava ad agitare le braccia e con sorpresa, si accorgeva di poter volare, si volare come gli uccelli, poteva controllare la caduta , anzi sbattendo le braccia come fossero ali poteva dirigersi a destra o a sinistra, provava a sbatterle ancora più forte e riprendeva quota, risaliva la voragine, era sul campo di grano adesso, poteva vedere bene la mietitrebbia che era entrata nel campo e cominciava il suo lavoro, da un fianco usciva come un ruscello di grano biondo, come i suoi capelli che svolazzavano al vento, e si riversava in un altro mezzo che affiancava la trebbiatrice, era fantastico sotto di se aveva una sterminata pianura che alternava come una scacchiera quadri di terreno giallo dove erano mature le spighe di grano,altri quadri erano verdi, altri ancora scuri per il terreno appena arato. Adesso poteva volare anche senza battere le braccia, evidentemente era così in alto che un vortice di aria più calda la stava sollevando sempre più, in lontananza poteva vedere una massa più scura che si elevava dalla pianura, era una catena montuosa, decise di volare fino a raggiungerla però le cose sotto di se diventavano sempre più piccole, continuava a salire trascinata dal vortice, adesso poteva vedere sotto di sé le montagne ma non le distingueva più dalla pianura, andava sempre più in alto, ebbe paura, provò a virare verso terra ma non ci riusciva, ormai la terra la vedeva come una grossa sfera con gli orizzonti lontani. Oddio e se stava volando in cielo, se sfracellandosi al suolo era morta ed ora era solo un angioletto che volava verso il cielo, si sentiva come felice, in cielo forse avrebbe incontrato sua madre, che era morta qualche anno prima, questo pensiero la rendeva euforica, poterla riabbracciare, risentire il caldo affetto di quelle braccia, l’odore inconfondibile che emana una madre al contatto dei suoi cuccioli. Quante volte aveva desiderato farlo e, adesso si stava realizzando tutto? E, se invece in cielo gli angioletti non possono abbracciare nessuno?, se il loro compito lassù e solo quello di far felici gli altri e di non pensare a se stessi? Cominciò ad aver paura ancora, le prese una grande tristezza, pensò a suo padre che era l’unica cosa che le era rimasta sulla terra, l’unico che la sera le poteva dare il bacio prima di addormentarsi, no non poteva essere morta, non poteva, non poteva, non poteva, cominciava a battere le braccia, batteva, batteva, batteva,……..ed è così che si era svegliata quella mattina, tutta sudata, seduta sul letto che agitava le braccia, impaurita, delusa, ma, man mano che si risvegliava, felice di essere ancora nel suo letto.



La Visita


La visita

Eppure quella mattina Ernesto non si era svegliato di buon'umore, il pomeriggio aveva un appuntamento presso una clinica, voleva vedere a che punto era il suo nemico Elico, si Elico, il batterio che si era installato nelle sue mucose gastriche e, nonostante l'acidità che lo stomaco produce, Lui lì ci viveva benissimo, vi aveva messo casa e si era moltiplicato, proprio come la parola di Dio: "crescete e moltiplicatevi" e Lui si era moltiplicato al punto di provocare una gastrite cronica che non lasciava scampo ad Ernesto quando era in fase di digestione.
Ora era lì, in attesa di entrare nello studio medico a ritirare l'esito delle analisi fatte dopo una settimana di antibiotici per vedere di debellare questo benedetto Elicobatterio che tanto lo faceva soffrire, nella sala di attesa c'erano altre persone, ognuna con i propri pensieri, distrattamente Ernesto dà un'occhiata alla persona che gli stava di fronte, era una donna della sua stessa età circa, stava leggendo uno di quei giornaletti che si trovano nelle sale di attesa, potè soffermarsi a guardarla perché Lei era intenta alla lettura, stranamente era attratto da quella figura femminile, come se l'avesse già incontrata in qualche occasione, però non riusciva a ricordare dove e, quando ad un tratto la porta dello studio si era aperta e l'infermiera aveva chiamato il prossimo paziente: Contini Laura, si sono io dice la donna, si alza ed entra nello studio, a sentir pronunciare quel nome Ernesto ebbe un sobbalzo, oddio Laura, ecco perché quel viso mi ricordava qualcosa, il suo pensiero va a tanti anni addietro, una trentina forse, i banchi di scuola, quella ragazzetta che tanto lo aveva fatto penare, non che Lei avesse fatto qualcosa per farlo soffrire, no, non aveva fatto proprio niente, anzi era proprio per quello che Ernesto ne aveva sofferto, Lei proprio non lo degnava di attenzione, tutte le ragazzette erano sempre attorno al bello della classe, il solito odioso bullo che faceva divertire le ragazze, non come Lui che, se solo qualche ragazzina gli rivolgeva la parola, arrossiva come un peperoncino maturo al punto giusto.
 Quando Lei era uscita dallo studio medico, per un attimo i loro occhi si erano incrociati ed era scoccata come una scintilla, anche Lei si era ricordata di Lui, certo non aveva fatto fatica a riconoscerlo, dopotutto, a parte qualche capello in meno, Ernesto non era poi così cambiato, ma tu sei Ernesto dice la donna, certo dice Lui e tu sei Lauretta? si dice Lei, ma  come fai a ricordarti di me, se quando eravamo a scuola non mi degnavi mai di attenzione, in quel momento sente che lo chiamano per ritirare i referti, aspettami un momento, ti prego Lauretta, ho voglia di parlare un po con te, dopo tanti anni, non puoi mollarmi così, Lei restò sorpresa di tanta intraprendenza, ma non era un ragazzetto timido? pensò, si dai, ti aspetto vai pure.
Infatti Lei era ancora lì ad aspettarlo, insieme si erano diretti fuori dalla clinica chiacchierando, erano andati al parcheggio delle auto ed ad un tratto Lei gli dice: ma come fai a dire che non ti degnavo di attenzione se, quando cercavo di rivolgerti la parola scappavi come se avessi paura di me, lo sai che mi piacevi allora, a quel punto Ernesto arrossì come faceva da ragazzino, ero innamorato folle di te Laura, però ero troppo timido e credevo che tu non ti accorgevi neanche di me, ecco questa è la mia auto, sai abito appena fuori città, e tu?, io abito in centro, ma dai come abbiamo fatto a non incontrarci mai, però ci vedremo ancora vero Laura?, certo, dammi il tuo numero di cellulare, ti chiamo  io appena posso, andremo a berci un caffè insieme, va bene ci vediamo allora, aspetto una tua telefonata, ma...posso darti un bacino? certo che puoi, dice Lei, ho aspettato per trentanni questo momento.
Ernesto vide Laura che si allontanava con la sua auto, entrò in macchina e, come faceva di solito, aprì la busta per leggere il risultato delle analisi.
Elicobatteri Pilori=====  Assente.
Aveva vinto la sua battaglia con Elico, adesso però si era insinuato in Lui un altro batterio, si chiamava Laura.


La crociera

                                          La crociera

A dire il vero, quella volta Gianni non aveva così tanta voglia di partire, quella crociera l’aveva prenotata più di tre mesi prima e, in quei tre mesi era successo il patatrac, non è che con Patrizia le cose andassero poi tanto bene, le continue litigate per un nonnulla, avevano logorato il loro rapporto e quel viaggio lo aveva proposto proprio per cercare di ristabilire un po’ di intimità che pian piano si stava affievolendo. Però dopo l’ennesima sfuriata di Lei, Gianni non c’è l’aveva più fatta, l’aveva accompagnata davanti la sua casa, aveva aperto la portiera dell’auto e le aveva detto con tono deciso: scendi, fra noi è finito tutto, non voglio più neanche sentir parlare di Te, abbiamo buttato tre anni della nostra vita e spero di non rincontrarti mai più sulla mia strada, Lei aveva capito subito che faceva sul serio, infatti quel tono di voce non glielo aveva mai sentito e per questo non lo aveva più cercato, evidentemente anche Lei era stufa di quel rapporto.
 E adesso che faccio con la crociera prenotata per due persone, pensava Gianni, certo potrei dirlo al mio amico Angelo, quello che ogni volta che gli dico che vado a fare un viaggio mi dice: “ma ti porti il lavoro da casa, o vai in cerca sul posto” (di dolce compagnia) Lui verrebbe, il “lavoro” lo troveremmo a bordo, ma a me non va, chissà come mi tirerebbe in giro, certo potrei anche disdire la prenotazione, ma a pochi giorni dalla partenza, perderei tutti i soldi, visto che ho già pagato.
 Così era arrivato alla vigilia, la valigia era già pronta, aveva messo la sveglia alle tre, il tempo di arrivare in aeroporto a Malpensa, alle sei e trenta aveva l’imbarco per Parigi e da lì con volo Air France , destinazione Miami, dove era previsto l’imbarco sulla nave da crociera  “Costa Mediterranea” alla volta del golfo del Messico e mar dei Carabi.

 Il primo imbarazzo Gianni lo ebbe nel salire a bordo, dovete sapere che è consuetudine  che ti accolgono a bordo un ragazzo ed una ragazza dell’equipaggio, vestiti in uniforme di marinaio per la foto ricordo, loro aspettavano la compagna di viaggio e, visto che non arrivava, hanno capito accogliendolo con un sorriso caritatevole.
Già, la nave va, con tutto il suo carico di feste, divertimenti, amori, gelosie, rancori e.....tristezze.  Si anche quelle, Gianni non era al massimo della felicità, il fatto di trovarsi solo in cabina, lui che era abituato alla compagnia della sua donna, non sapeva come comportarsi, la sera della partenza della nave, si era recato al ristorante per la cena, naturalmente al tavolo di sei persone, a Lui avevano riservato due posti, e ai commensali aveva detto che la sua compagna era indisposta e sarebbe rimasta in cabina, finita la cena aveva fatto un giro per la nave per prendere conoscenza dei posti e più tardi si era recato in teatro dove spiegavano le varie tappe che la nave avrebbe fatto con le escursioni possibili.
La mattina dopo, il primo approdo era stato quello di Key West, una bellissima isola al largo della Florida, aveva fatto colazione al ristorante buffet da solo, cosi da non dover prendere delle scuse per la sua solitudine, poi era sbarcato, aveva preso un bus navetta per la città, una città protesa sul mare, aveva visitato anche la casa dove ha vissuto Hemigway e dove ha scritto il suo libro "Il vecchio e il mare" e aveva capito come mai si era fermato a lungo a vivere in quell'isola. Verso mezzogiorno aveva deciso di rientrare in porto e mentre aspettava il bus navetta, notò una bellissima donna con un bambino di una decina di anni che, anche loro, aspettavano il bus, infatti anche loro salirono e Gianni si sedette proprio dietro della donna, notò che aveva i capelli biondi legati con un fermaglio e lasciavano scoperta la nuca e le orecchie dove dai lobi, pendevano due orecchini formati da due cerchi concentrici. Arrivati al porto tutti si incamminarono verso l'imbarco della nave, la donna mentre prendeva dallo zainetto i documenti, si lasciò sfuggire di mano un pacchetto, conteneva certo un giocattolo acquistato per il ragazzo, perché egli si stava chinando per raccoglierlo, ma Gianni fu più svelto di Lui e lo porse alla donna, che ringraziò con un sorriso.
 La sera Gianni non aveva voglia di mettersi al tavolo assegnato del ristorante, così preferì andare al buffet libero, prese un vassoio e si mise in fila per servirsi da solo, prese un pezzo di pizza, due filetti di pesce ai ferri, un po di verdura, e si mise in cerca di un tavolo libero, il suo occhio lungo vide la famosa nuca del bus, il bambino era alle prese con quattro pezzetti di pizza e in quel tavolo da quattro c'erano due posti liberi, si avvicinò e guardando negli occhi la donna chiese se poteva accomodarsi li vicino, la donna lo accolse con un grande sorriso  anche perché si era ricordata di Lui, mangiarono allegramente , parlarono del primo giorno di crociera, dell'isola visitata e di quale escursione prenotare, una volta arrivati in Messico, dopo due giorni di navigazione, Lui tirò fuori il programma e decisero di prenotare l'escursione a Chichen-Itza, andarono insieme a prenotarla nel box delle escursioni, ormai erano diventati amici, il ragazzo era simpatico, ogni tanto si assentava per girovagare li vicino, mentre loro si erano seduti al bar per prendersi un caffè, in un palchetto c'era un'orchestrina che suonava, la gente ballava in mezzo alla sala e la nave andava.................
Mentre navigavano verso il Messico, Gianni era felicemente sorpreso, da come era stato facile fare amicizia con una compagna di viaggio, la sera prima dell'arrivo a Merida Progreso in Messico, mentre erano seduti a chiacchierare in un salottino della nave, Erica, così si chiamava la donna, leggendo il giornale di bordo con le varie iniziative, chiama il figlio, indicandogli che era a disposizione il club giovani dove i ragazzi erano accuditi e intrattenuti con varie iniziative di giochi di gruppo, il ragazzo accettò felice di partecipare a tale club e decisero di andarlo ad iscrivere quella sera stessa.
L'escursione a Chichen-Itza durò tutto il giorno, Gianni aveva scelto proprio quella crociera, perché voleva andare a visitare quella località dei Maya, aveva letto molto di quella cultura, ma non era mai stato in Messico, Cristian (cosi si chiamava il ragazzo) era entusiasta di conoscere quei posti, erano perfino andati assieme sulla piramide Maya, salendo tutto d'un fiato i gradini che portano alla sommità, da dove si ammirava l'estesa pianura dove sorgevano i villaggi, ora coperti di vegetazione.
Il rientro in nave era stato a sera inoltrata, il tempo di una doccia e subito in sala ristorante, dove nel frattempo il Maitre li aveva messi tutti e tre in un tavolo, il ragazzo aveva fretta di mangiare perché aveva deciso di andare al suo club dove sarebbe stato trattenuto fino a mezzanotte, loro due si erano diretti al bar per il solito caffè, l'orchestrina suonava un lento, Gianni aveva preso una mano ad Erica e, alzandosi dalla poltroncina l'aveva invitata a ballare, il lento sapete, invoglia la vicinanza corporea e Lei aveva aderito al corpo di Gianni, come se fosse una cosa consueta, era la prima volta che si toccavano, il viso di Gianni era vicino all'orecchio di Erica, Lei sentiva il suo fiato sul collo e ad un tratto sentì anche una flebile voce che diceva: andiamo nella mia cabina? Lei non rispose ma, dopo che il ballo era finito, si lascio condurre verso l'ascensore che li avrebbe portati verso il paradiso, in quel caso il paradiso era al ponte 8, cabina 8158.


La meteora impazzita

                                        LA METEORA IMPAZZITA
    
Quel giorno Dario era rimasto sorpreso della telefonata ricevuta, non avrebbe mai
immaginato che Lei avrebbe risposto al messaggio vocale che aveva lasciato al telefono, rispondendo ad un annuncio che aveva letto su una rivista femminile, l’annuncio diceva: “ cerco un uomo, che abbia dai 35 ai 40 anni, di bella presenza, benestante, che risiede nella mia città, per una relazione stabile”, seguiva il numero di telefono alla quale era collegata la casella vocale.
 Bisogna premettere che Dario usciva da una relazione sentimentale alquanto singolare: la sua donna lo aveva lasciato per inseguire una chimera, Lui così le aveva detto, Lei aveva conosciuto uno straniero che per il suo lavoro girava il mondo e se ne era innamorata perdutamente, attratta da quel tanto di misterioso che circonda gli stranieri e poi era anche un bell'uomo, alto, forte come un toro e sempre abbronzato e, si sa le donne, anche per un istinto animalesco, sono attratte da questo tipo di maschio, non che Lui lo era di meno, infatti prima lo aveva scelto. Nei primi mesi ne aveva sofferto, si era disperato, aveva anche pianto per quell'abbandono, non gli succedeva da quando gli era venuto a mancare il padre, cinque anni prima. Ma poi, se ne era fatta una ragione, era tanto l’amore che aveva provato per quella donna, che il pensiero che Lei ora fosse felice con un altro, lo aveva rassegnato e pensava a Lei con dolcezza, pensando ai momenti felici passati assieme.
 Erano passati sei mesi da quell'abbandono, Dario ormai era uscito dal giro delle amicizie giovanili, nel frattempo aveva cambiato anche città per motivi di lavoro e, nella nuova città era andato ad abitare con la sua donna, quindi senza di Lei non sapeva dove passare il tempo libero, una sera andava in discoteca, ma lì si sentiva un pesce fuori dall’acqua, dopo mezzora che stava lì se ne andava via, sembrava di essere al mercato, tutti erano lì per cercare nuove compagnie e nuove avventure, oppure andava al cinema, ma li da solo, quando si accendevano le luci in sala per gli intervalli, cercava di sprofondare nella poltroncina, perché si sentiva a disagio, vedendo tutte coppie che parlottavano tra di loro, il desiderio di stringere una donna tra le braccia lo aveva portato anche ad abbordare una di quelle ragazze che per pochi soldi ti danno l’illusione di possedere una donna, ma che squallore ragazzi, l’amore non si può comprare, una di quelle una volta gli aveva detto che, andare con una prostituta, era più comodo per un uomo, pagava e poi non aveva altri obblighi verso la donna, non era come un’amante che vuole essere portata nei locali più costosi o una moglie che non si accontenta mai del misero stipendio che uno porta a casa.
 Un giorno che era dal dentista per curarsi un dente, nell'attesa, si era messo a sfogliare quella rivista e aveva trovato il famoso annuncio, aveva preso in mano il cellulare ed aveva risposto così: Ciao, mi chiamo Dario, ho tutti i requisiti da te richiesti nell'annuncio, se mi chiami vedrai che non te ne pentirai,e di seguito aveva pronunciato lentamente il numero del suo cellulare.
 E adesso era lì, il telefonino era squillato che era in auto, si era fermato in una piazzola, ciao io mi chiamo Doriana e tu? la voce di Lei gli era arrivata così dolce che il cuore aveva cominciato a pulsargli nel petto come se avesse fatto i cento metri in nove secondi netti, io mi chiamo Dario, aveva risposto, avevano parlato per più di mezzora, si erano raccontati tantissime cose e, alla fine Lui le aveva chiesto se potevano incontrarsi, Lei in principio aveva cercato di allontanare l’incontro, ma alla fine, visto che Lui insisteva, aveva accettato e si erano dati appuntamento per la sera dopo, alle 18,30, in un parcheggio di auto, si erano scambiati la marca delle rispettive automobili ed il colore e si erano salutati.
 Quella notte Dario non aveva dormito, pensava alla telefonata, come era Lei, e se non le fosse piaciuta? E se fosse stata un’avventuriera, se invece cercava solo di accalappiarsi un uomo per spremerlo finanziariamente come un limone, Lei gli aveva raccontato della sua vita passata, era stata sposata, si era separata perché il marito era violento, i suoi due figli erano stati affidati a Lei, e ora viveva con loro in un appartamentino non lontano dalla sua casa. Già i figli, Lui per fortuna non ne aveva avuti dalla relazione avuta e che si era conclusa cosi tristemente.
 Era arrivato in anticipo sull'ora stabilita, aveva cercato un posto ben visibile a quelli che entravano, ed era rimasto al volante in attesa, con un occhio allo specchietto e l’altro sul parabrezza, cosi per almeno venti minuti, pensava, anzi ne era certo, quelle cose non possono accadere, era stato uno scherzo e per questo non sarebbe stato deluso se non fosse venuta , invece, proprio con l’occhio che guardava lo specchietto retrovisore, vede arrivare un’automobile di piccola cilindrata, intravede una testa di donna con i capelli scuri tagliati a caschetto, vede che guarda la sua auto, apre lo sportello, ma Lui era stato più svelto di Lei ad aprire la portiera e gli era andato incontro proprio mentre Lei scendeva dall'auto, ciao, io sono Dario, ciao io sono Doriana, e si erano stretti la mano, a quel contatto Dario per poco non sviene, ma si era ripreso subito, Lei era bellissima, aveva un vestitino a fiori che le copriva le ginocchia, non sapeva cosa dire e come se non fosse Lui a pronunciare quelle parole disse: mi piaci, Lei senza imbarazzo alcuno rispose: anche tu non sei male e, guardandosi intorno dice: andiamo in un locale a bere qualcosa che parliamo un po’, lì vicino non c’erano bar e Lui le dice di lasciare la sua auto lì che l’avrebbe accompagnata con la propria, ma Lei aveva preferito andare con la sua, con Dario che la seguiva attento a non perderla di vista, si era fermata in un bar, si erano accomodati in una saletta e seduti ad un tavolino avevano ordinato un aperitivo, si a Dario piaceva davvero quella donna, aveva un modo di fare molto sicura di se, gli occhi penetravano i suoi come due lampi di luce che lo folgoravano, gli parlò ancora di Lei, lavorava come impiegata al comune della loro città, abitavano vicini ma non si erano mai incontrati, possibile che ci volesse un giornale perché questo accadesse? Lui le raccontò della sua passata esperienza sentimentale, le disse il lavoro che faceva, Lei aveva voluto sapere se abitava in una casa sua e Dario aveva risposto affermativamente. Era passata già almeno un’ora e Lui le chiese se voleva cenare assieme, Doriana aveva risposto che non poteva perché I figli l’aspettavano per la cena, quindi erano usciti dal bar, dandosi appuntamento per la sera dopo che era un sabato, per andare al cinema, quando Dario l’accompagnò alla sua macchina, inaspettatamente le chiese: posso darti un bacio? E senza che Lei avesse il tempo di dire di no, già glielo aveva dato in una guancia, cosa che anche Lei ricambiò.
 La sera del sabato, la va a prendere, ma non sotto casa, così gli aveva detto, non voleva farsi vedere dai vicini e questo aveva un po’ insospettito Dario, credendo ci fosse qualcosa di strano sotto, così l’aveva aspettata due isolati più avanti, davanti un distributore di benzina, erano andati a vedere un film e Lei stranamente voleva pagarsi il costo del biglietto, cosa che Dario non permise di fare. All'uscita dal cinema, in auto parlarono del più e del meno, toccando anche il lato affettivo/sessuale, Doriana dice che lei del sesso poteva farne a meno e che dalla separazione dal marito non aveva avuto altri uomini, che tutti ci provavano, anche in ufficio, che gli uomini erano tutti dei porci anche perché chi voleva andare con Lei erano anche uomini sposati, ma nello stesso tempo diceva che era una donna passionale, che quando iniziava una storia diventava insaziabile, Dario con la scusa di cambiare marcia, le aveva sfiorato una gamba, ma Lei si era ritirata e gli aveva detto apertamente che non ci sarebbe stata ad andare a letto con Lui, almeno per i primi tempi.
 Quella sera si erano lasciati, sfiorandosi appena con un bacio, erano rimasti che si sarebbero visti il pomeriggio della domenica, appena dopo pranzo per fare una gita in auto in una città vicina , però Lei aveva detto che gli avrebbe telefonato prima.
 La domenica pomeriggio Dario aspettò a lungo la sua telefonata che non arrivava, allora prese coraggio e la chiamò Lui ma il cellulare era spento, aveva anche il telefono di casa, ma a quello non rispondeva, ma come, una storia così bella che sembrava una favola, era finita così miseramente, aveva trovato una donna che aveva fatto vibrare il suo cuore, sperare, anzi innamorare, si, perché Dario se ne era innamorato perdutamente.
 Nei giorni successivi, Dario non aveva altri pensieri che per Lei, al telefonino non rispondeva, allora provò con i messaggi, quelli prima o poi avrebbe dovuto leggerli, uno di questi messaggi diceva: (Ti ho incontrato nel mio universo e, come una meteora, sfiorandomi, hai lasciato in me tracce indelebili), così almeno per dieci giorni, Lei leggeva i messaggi, ma non rispondeva, voleva tenerlo sulle spine, cuocerlo a fuoco lento. Poi l’ultimo messaggio diceva: (La mia disperazione d’amore ha toccato il fondo, le ferite lasciatomi dallo sfiorarti, stanno bruciando la mia esistenza, questo è l’ultimo messaggio che mando nell'etere alla ricerca della mia meteora che vaga nell'universo.
E questa volta il telefono squillò, era sera tardi, era tornato da una gita a Trento, da dove aveva spedito l’ultimo messaggio, pianse dalla gioia, Lei gli spiegò che non si sentiva sicura di portare avanti quella storia, che aveva paura di abbandonare i figli, anche se erano grandi ormai, ma non in grado di cavarsela da soli, andavano ancora a scuola uno e, all'università l’altro, il padre li teneva solo la domenica e dopo si disinteressava di loro, Lui la convinse ad incontrarsi ancora una volta e si misero d’accordo di vedersi a metà settimana.
 La sera dell’appuntamento, erano andati a cena in un ristorante fuori città, niente di speciale, infatti Lei glielo aveva fatto notare, però la serata era passata liscia. Al ritorno, prima di accompagnarla a casa Lui le dice se vuol passare a vedere la casa dove abitava, visto che in tante occasioni Lei glielo aveva chiesto, Lei dice si, però non entriamo e così fanno, Lui apre il cancello, le fa vedere la casa di fuori e poi se ne vanno: Per strada Lei gli chiede se ha voglia di darle un bacio e si fermano in una strada non frequentata a parlare, dopo un po’ è Lei che prende l’iniziativa, diceva che per cominciare una storia dovevano prima almeno provare a vedere se c’era attrazione fra di loro, quel bacio durò almeno un quarto d’ora, si l’attrazione c’era , eccome se c’era, lui ne era rimasto sconvolto ed eccitato che la sera a casa non riusciva a prendere sonno, però si erano lasciati con la promessa che la domenica dopo si sarebbero rivisti.
 Infatti la domenica pomeriggio presto, la va a prendere al solito posto e Lei gli chiese di portarla a visitare una città vicina, cosa che fecero, la città era ad una cinquantina di chilometri e al ritorno le chiese se andava a casa sua a cena che le aveva preparato qualcosa di buono, infatti Dario era un bravo cuoco, anche pensando che dopo il lungo bacio, era arrivato il momento per conoscersi più intimamente, ma questo Lei lo negava ancora, sempre dicendo che gli uomini pensano solo a quello, però accettò l’invito e arrivarono a casa, appena entrata Lei visitò l’appartamento e giunti  in cucina Lui l’attirò a se per darle un bacio, a questo punto Lei cambiò atteggiamento e abbracciandolo lo spinse contro il mobile che quasi barcollò, le mani di entrambi si cercavano esplorando anche i punti più intimi, era stata Lei a cominciare a sbottonare la camicia a Lui, in un attimo restarono con solo gli slip addosso, Lui la prese in braccio e la porto in camera da letto, e così constatò che aveva detto il vero, quando diceva che poteva essere anche passionale.
 Dopo di allora cominciarono a frequentarsi due volte alla settimana, Lui la andava a prendere, ma appena saliva in macchina, la prima cosa che diceva era: dove andiamo adesso? Andiamo a visitare un’altra città? E Lui a volte anche a malincuore, l’accontentava, a volte per un nonnulla gli faceva delle scenate, bastava un niente, una volta erano andati al bar di un suo amico che sei era separato dalla moglie, lui le aveva detto che la moglie era carina e Lei si era infuriata dicendo: ecco adesso la puoi andare a trovare tu,e giù una litigata che finiva quando arrivavano a casa di Lui, a quel punto Lei cambiava atteggiamento e voleva fare l’amore, altro che passionale, era scatenata nel sesso.
 Un’altra volta a bruciapelo gli aveva detto: ma tu te la sentiresti di darmi un tanto al mese, così che io possa lasciare il lavoro e, al diniego di Dario era andata su tutte le furie, infatti Lui le aveva detto che era disposto anche ad aiutarla, ma pagarla un tanto al mese come una governante , non se la sentiva. Una sera lo aveva chiamato dicendogli che era rimasta a piedi con l’auto: e tu dove eri? Gli aveva detto, ma come se non mi chiami, come faccio a sapere che hai bisogno di me, ti venivo a prendere se lo sapevo in tempo.
 Una volta l’aveva portata in vacanza all'estero, una settimana, all'arrivo in albergo scoprono che hanno una camera con i letti separati, era andata su tutte le furie una litigata pazzesca: Mi avevi promesso che chiedevi una matrimoniale e ci hanno dato i letti separati e poi adesso non hai insistito per averla, Dario le diceva che l’indomani lo avrebbe chiesto ma Lei niente, appena entrati in camera invece cambiava espressione, lo abbracciava, lo baciava e Lui restava esterrefatto di quei cambiamenti, finivano a far l’amore e, a quel punto Lei era soddisfatta. Alla fine della vacanza  in un momento di dolcezza, perché sapeva anche essere dolce, gli aveva fatto notare che avevano fatto l’amore tutti i giorni, cosa che non le era capitata mai.
  Tornati a casa era ricominciata la solita vita, appena si vedevano e saliva in macchina, la solita domanda: dove andiamo? Lui non sapeva più in quale città portarla, tutte le città nel raggio di cento chilometri dalla loro ormai le avevano visitate tutte e Dario cominciava a essere stufo delle sue sfuriate, tutte cose da niente, come quella volta che l’aveva portata a cena con un gruppo di suoi colleghi e colleghe, una collega l’aveva chiamato vicino per dirgli qualcosa e Lei davanti a tutti gli aveva fatto una scenata di gelosia, immaginando chissà cosa gli aveva sussurrato la collega all'orecchio, sembrava una meteora impazzita ma che appena le passava, lo travolgeva con la sua passionalità irrefrenabile.
 Quella era stata la volta che Dario aveva capito che non era la donna che faceva per Lui, finché le scenate erano in privato, l’amore poteva cancellare tutto, ma averlo umiliato davanti a tutti i suoi colleghi no, non poteva accettarlo.
 E fu allora che consumò tutte le lettere disponibili sul suo telefonino scrivendo il seguente messaggio: Ciao Meteora, l’avermi sfiorato ha provocato scottature sul mio corpo ma, l’impatto che ne è seguito ha distrutto il mio cuore che sanguinerà a vita, il ricordo dei momenti intimi passati assieme colmeranno il rimorso di averti lasciata, ti ricorderò con dolcezza, Dario.
 uella sera si erano lasciatiQv 

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L'amore di una madre

L'amore di una madre
No, nessuno può fermare una madre che sta correndo in aiuto del suo cucciolo, io quella notte non ci sono riuscito, Lei correva, non mi aveva neanche dato il tempo di parcheggiare l'auto, Lei già correva, in lontananza si vedeva solo una scritta rossa:
PRONTO SOCCORSO, si vedeva in lontananza perché l'ospedale era in cima ad una collinetta con intorno prati, la portineria era ai piedi della collinetta, era un ospedale nuovo distante una ventina di chilometri dalla nostra città, quindi non lo conoscevamo ancora, in fondo si vedeva solo la scritta e Lei andava dritta lì, inutilmente io la chiamavo per dirle che c'era una stradina che portava li, era tortuosa e Lei voleva fare presto, e io dietro, l'erba era umida in quella notte autunnale e Lei correva, c'erano anche dei fossati per lo scolo dell'acqua e superava anche quelli, e io dietro, non si fermò se non davanti alla figlia, seduta in una sala d'attesa del Pronto Soccorso, per fortuna uscita incolume dall'incidente.
  Era successo che verso mezzanotte riceviamo una telefonata: mamma siamo in ospedale, abbiamo avuto un incidente, la ragazza con 2 suoi amici tornavano da una serata di lavoro in una pizzeria dove andavano per arrotondare la paghetta settimanale, studenti di 17/18 anni, immaginatevi la preoccupazione che ci attanagliava, 20 chilometri tutti di un fiato ed ora eravamo lì, con le scarpe sporche di fango a piangere di gioia. I suoi due amici si erano fatti male però, uno aveva un occhio con una ferita profonda che sono riusciti a suturarla a stento, Lei era seduta nei sedili posteriori e quindi ne era uscita illesa.
Vedete, l'amore di madre è una cosa istintiva, la madre sente il proprio figlio come un pezzo di se stessa, lo ha sentito crescere in se per 9 mesi, è carne della sua carne, è disposta a tutto per difendere la sua creatura e a nessuno è permesso di toccargliela



Strane idee

STRANE IDEE
 Sono bastati pochi giorni di inattività e, pensate Lui cosa mi combina, come chi, ma Lui no, il mio cervello, lo avevo lasciato libero di pensare, ma si, qualche giorno di ferie, pensavo, non gli faranno male, e invece "Lui" sapete cosa fa? si mette a guardare una ragazzina, certo non gli do torto, era talmente bella, nello splendore dei suoi quarant'anni, ben fatta, con degli occhioni chiari che sembrava dovesse sgorgare da un momento all'altro, una fonte di acqua pura, si ci ha sorriso, dopo tutto la nostra carrozzeria non è male, si è un modello vecchio anni sessanta ma ancora funzionante, certo la velocità non è quella di una volta, ma le ragazze credo che questo lo apprezzano, sanno che ad una certa età non si è veloci come da ragazzini, e loro godono di più a farsi trasportare con lentezza, così sono sicure di arrivare alla loro meta.
 Però l'ho messo in guardia, gli ho detto, stai attento, non tutti gli organi del motore, funzionano perfettamente, Lui fa presto a dire, siamo ancora piacenti, vedi ci ha sorriso, ha accettato di bere un caffè con noi, poi ha promesso che una domenica andremo a fare un giretto in una città d'arte, perchè abbiamo scoperto che ci piacciono le stesse cose, ma "Lui" le cellule le ricambia spesso, le sue si rinnovano, restano sempre giovani, tutte le altre invece invecchiano e certi muscoli non hanno più il tono di una volta, gli ho detto: guarda che corriamo il rischio di fare brutta figura.
 Per adesso ho preso tempo, vedrò se sarà il caso di approfondire la conoscenza di questa splendida creatura, magari anch'io mi metterò a corteggiarla e, se son rose, fioriranno.
La città d'arte
Quel sabato mattina, l'appuntamento era alla stazione ferroviaria, si, Lei aveva telefonato, quasi svengo nel vedere apparire il suo nome sul mio cellulare, ma "Lui" mi aveva sorretto, ma si avete capito, Lui è il mio povero cervello impazzito, dai rispondi mi dice che è la volta buona, pronto, a ciao sei tu, credevo non ti ricordavi più di me, si certo la città d'arte, avevamo parlato di Firenze, ma certo che la vedo volentieri, va bene per sabato? Però in auto,certo è meglio il treno, arriviamo nel centro di Firenze e non abbiamo il problema del parcheggio, però partiamo presto, ci vediamo in stazione alle 7, ok, ciao, ciao.
 Fatto, sei contento adesso? ora prendiamo due biglietti per Firenze S.M.Novella, Lei non è ancora arrivata, guarda quel taxi, Lei scende vedo due gambe fasciate in un paio di pantaloni neri attillati che mostrano le sue perfette forme di giovane quarantenne, però non farti troppe illusioni, dico a "Lui", il mio cervello, che adesso sembrava davvero impazzito.
 Poche ore di viaggio, ed eravamo in stazione a Firenze, durante il viaggio avevamo consultato la guida della città, così da fare un itinerario per vedere i principali musei od opere d'arte da vedere. Gli Uffizi, l'Accademia per vedere il David di Michelangelo, Palazzo Pitti, il Ponte Vecchio, le Cappelle Medicee ecc.
 Iniziamo dagli Uffizi, i nostri occhi erano sbarrati dallo stupore, vedere tutte quelle opere che i nostri artisti ci hanno regalato e, per la lungimiranza dei Medici, sono arrivati fino a noi, è davvero una cosa straordinaria, il tempo passava e non ci eravamo accorti che era già sera, avevamo mangiato solo un panino all'arrivo in stazione, ora avevamo fame, che facciamo? le dico, ci incamminiamo verso la stazione, proprio in piazza S. M. Novella troviamo un ristorantino, mangiamo una fiorentina al sangue, un bel bicchiere di chianti e...   parliamo di quello che avevamo visto,  si ma le altre cose, il David, Palazzo Pitti, che facciamo, non li vediamo? Mi dice Lei, ma tu domani hai impegni?, io, anzi "Lui", che è stato più svelto di me, ma no è domenica, ma che facciamo, ci fermiamo, Lei dice, non eravamo preparati, non ho portato niente. Usciamo e, in una strada laterale alla stazione vediamo un'insegna, Hotel Delle Nazioni, che facciamo , vediamo se troviamo due singole? entriamo, Lei mi dice, dai siamo grandi e vaccinati che figura facciamo, chiediamo un camera per due, vedrai che ci sistemiamo, è solo per una notte.
 Entriamo in camera, ormai era già tardi, ci prepariamo per andare a letto, Lei dice, uscendo dal bagno, spegni la luce? sai non ho neanche il pigiama, io nel frattempo mi ero spogliato ed ero sotto le coperte, spengo e Lei esce dal bagno, dalla poca luce che entra dalla finestra intravedo una figurina con solo una canottiera e le mutandine che entra nel letto, ci diamo la buonanotte, si ma chi dorme adesso "Lui" il mio cervello è lì quasi arroventato che fuma e io che lo tengo calmo, sento una voce che sembra arrivare dall'aldilà, dormi? io dormire? ma siamo matti, dice "Lui", no stavo pensando a domani, dico io, e Lei: posso venire lì, parliamo dell'itinerario di domani, a quel punto il mio muscolo principale, no non quello, parlo di quello custodito nelle cassa toracica, quasi scoppia, tanto si è messo a battere velocemente, vieni dico con un filo di voce, la vedo nella penombra che si avvicina, alza un lembo della mia coperta e si infila nel letto, non avendo il pigiama non posso non sentire il calore delle sue gambe che sfiorano le mie, questa volta sono stato io a trasmettere elettrizzanti impulsi al mio cervello che, a quel punto, comincia già a preparare tutte le coordinate giuste da dare a "tutti" i muscoli. Lei non era venuta nel mio letto per parlare dell'itinerario di domani, ma dell'itinerario di quella notte. Devo dire che le coordinate erano perfette, i muscoli hanno funzionato tutti alla perfezione tanto da lasciare in estasi entrambi.
Al risveglio, quella mattina, Lei mi dice: amici lo stesso? capisco che non vuole complicazioni sentimentali, amici dico io, e Lei: però qualche gita la facciamo ancora? certo dico io, e già contavo tutte le città d'arte che restavano da visitare, e si, sono fortunato di vivere in Italia, quelle non mancano. 
AMICI
Amici !!!, amici un corno, ma come si può restare amici con uno schianto di donna così, penso a quelle coppie che si separano, hanno condiviso lo stesso letto, hanno fatto all'amore, i loro sudori si sono mescolati nell'estasi amoroso, hanno magari avuto dei figli e con loro hanno condiviso i giochi, ma come si fa a dire "amici", io me la sogno tutte le notti e al mattino quando mi sveglio mi sembra di averla ancora lì, accovacciata vicino, che dorme, nel letto ad una piazza e mezzo, come è stato a Firenze. "Lui" il mio cervello fa presto a dire: dai è stato bello, avete fatto del sesso, tutto qui, ma tu sei il cervello, tu pensi le cose, mi dai le coordinate giuste, ma dopo sono io che devo metterci il cuore e il cuore si innamora, lo sai tu? Mi dici: ma non la conosci neanche, non sappiamo niente di Lei, certamente ha già un'altra storia, magari è sposata, che ne so magari con un uomo ricco di una certa età, che non la soddisfa in tutto. Io penso: certo, forse è per questo che ha scelto me, anch'io sono di una certa età, certamente a Lei piacciono gli uomini maturi, sai, come ti dicevo noi non abbiamo fretta e loro godono di più se trasportate con lentezza alla loro meta e quella notte Lei è senz'altro arrivata alla sua meta. E se invece è una donna che è stata abbandonata, magari con dei figli piccoli, ed è per questo che non si vuol legare con altri uomini, sai, ai bimbi è difficile dire: Bambini, questo è il nuovo uomo con cui vado a letto, lo so, loro, le donne madri, si vergognano sempre di far vedere ai figli, che anche loro sono sessualmente attive.
In quel momento, suona il mio cellulare, è solo un messaggio, apro, il numero è il suo, è Lei, sudo già, leggo: Ciao caro, quando partiamo per un'altra città d'arte? 
Rispondo al volo: Scegli tu quale.
Nuovo squillo, apro, leggo: Roma, sai non l'ho mai visitata, mi piacerebbe tanto.
Rispondo: E Roma sia
L'AMICA SVIZZERA
Ehi !, testa calda, si può sapere a cosa stai pensando?(scusate, sto dialogando con "Lui" il mio cervello) scommetto che stai pensando ancora all'invito della nostra amica svizzera, ma come quale, quella che ieri ci ha mandato una mail dicendo: dai tagliamo la testa al toro, veniamoci incontro, anzi no suona male, diciamo, no così non va, non riesco a dirlo ma, ma si dai vieni in Svizzera, sai c'è la cioccolata il paesaggio è bello, ci sono le montagne di Heidi, vedrai ti farò vedere tante belle cose.
 Certo non è che hai tutti i torti, dopo tutto è una gran bella figliola, tu chissà cosa hai pensato, ma io la ritengo una cara amica, veramente non ho capito bene le sue parole, forse ha letto dei miei viaggi in dolce compagnia ed è diventata gelosa, forse nutre qualcosa di più che un'amicizia per noi, si ho detto noi, perché tu fai parte di me, sei la mia cosa pensante, senza di te non avrei fatto tante cose belle nella mia vita, devo dire che quasi tutte le direttive che mi hai fatto prendere erano giuste, si qualcuna era sbagliata, ma cose da niente dopo tutto.
 Mamma mia, sai che mi hai messo un tarlo, e come faccio adesso, Le dico di si, e se poi scopro che mi sta prendendo in giro, sai dopo tutto non siamo dei giovincelli che si buttano subito su ogni preda, si ho capito tu sei giovane, hai la testa arroventata dai tuoi pensieri spinti, ma io per seguirti cosa devo fare, devo rivolgermi alle pastigliette blu, no questo, per il momento,  non lo voglio fare, intanto c'è la facciamo ancora, o hai dimenticato la notte a Firenze. A proposito di Firenze, lo sai che dobbiamo organizzare il viaggio a Roma con Lei, la nostra "amica", tu vai troppo avanti, io sono fermo ancora a Lei, sai non dimentico facilmente quelle gambe calde che si intrufolano nel mio letto, che si attorcigliano al mio corpo, quei suoi capelli sciolti a coprirmi il viso mentre Lei addosso a me...
Beh, lasciamo perdere l'amica svizzera, per il momento, prima voglio capire bene le sue intenzioni, ora mettiamoci in moto per organizzare il viaggio a Roma, domani la chiamo per sapere se domenica prossima è libera.
CAPUT MUNDI

E anche questa è fatta, ma cosa hai capito, dicevo della gita a Roma, due giorni fantastici, quel sabato mattina presto, quando siamo andati a prenderla vicino alla sua abitazione, Lei mi era sembrata triste, quando è salita in auto mi aspettavo che ci desse  un bacio, invece ci ha detto solo ciao e la sua mano si è appoggiata sulla mia gamba, come a cercare un po di calore, io le ho appoggiato la mia sopra e l’ho stretta.

 Siamo partiti così, mano nella mano, anche grazie al cambio automatico della mia auto e, strada facendo si è aperta un po’, mi ha raccontato la sua storia, era venuta nella mia città, ospite della sorella, per prendersi una pausa di riflessione, la sua vita sentimentale era a rotoli, aveva scoperto che il suo compagno la tradiva con un’altra, non le era bastato che lui le avesse promesso che amava solo Lei, che avrebbe lasciato l’amante, le aveva anche detto di farlo per il figlio quindicenne, di non abbandonarlo. Ma Lei era scappata da sua sorella, un mese di riflessione le avrebbe fatto bene.

 Così avevo capito come mai la parola “amici lo stesso”, in auto, da come mi guardava con quei suoi occhioni azzurri, capivo che non le ero indifferente, ma ero senz'altro stato un diversivo, un modo di vendicarsi del torto subito.

 Dopo qualche ora di viaggio arriviamo a Roma, mi dirigo al Jolly Hotel Leonardo da Vinci, ci ero già stato, ma si, non ti ricordi quel meeting aziendale, dopo da lì prendiamo i mezzi pubblici. Avevamo preso una camera e, quella volta non mi ero fatto scrupoli nel chiedere una matrimoniale e Lei non si era opposta.

 A questo punto “Lui”, cioè tu, il mio cervello, vai subito in tilt, entrando in camera già ti eri dimenticato della storia di Lei, io non ti do torto, era così bella che ogni volta che incrociavo il suo sguardo, il cuore sembrava dovesse esplodere dalla gioia, Lei si era seduta sul letto, aveva alzato in alto le mani, come per rilassarsi del viaggio, la sua camicetta si era alzata, mettendo in mostra parte del suo ventre vellutato, poi si era stesa di traverso del letto. A quel punto tu mi avevi spronato: dai mi dicesti, è il momento buono, Roma può attendere, io mi avvicinai a Lei, le feci una carezza sul volto invitante e…. avevi ragione, Roma ha atteso la nostra visita, io la mia opera d’arte  l’avevo lì a portata di mano, pronta per esplorarla in tutti i suoi punti più remoti.

 Dopo, mentre le davo un bacio sulla punta del suo delizioso naso, vidi una lacrima rigarle il volto: era ancora innamorata del suo uomo, di noi, spero serbi un dolce ricordo.

 Il giorno dopo, visitando le principali vestigia Romane, quando eravamo proprio nella piazzetta della Fontana di Trevi, sentii uno squillo, era il suo di cellulare, era un messaggio, Lei senza parlare, mi fece leggere, c’èra scritto: Mamma, torna a casa, ti aspettiamo.

 F.D.G